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Ennesimo sito nell’immane tentativo di combattere la buracrazia, quella inutile e tediosa che ci fa perdere tempo e denaro.

Questo sito è nato come uno sfogo, un tentativo di catarsi personale, uno sfogatoio per poter urlare la mia personale protesta contro quella parte di Italia che proprio non mi piace, l’italia delle centinaia di migliaia di leggi, norme e circolari che si sovrappongono l’una sull’altra e che rendono la vita impossibile agli onesti cittadini o a chi prova a fare impresa.

Potrei fare infiniti esempi di tutto questo ma mi limito a citarne due:

anni fa mi sono casualmente trovato a fare consulenza a una cosiddetta “start-up”. Si trattava di un gruppo di ragazzi che aveva avuto un’idea innovativa. Sinceramente sono tutt’ora convinto che avessero quasi tutte le carte in regola per aver successo e sfondare ma, per una serie di motivi, alla fine il progetto si è afflosciato su se stesso. Partecipavo a una riunione in cui si discuteva della fattibilità del progetto, io fungevo da “consulente tecnico” dato che all’epoca mi occupavo del sito internet. Come dicevo erano ragazzi molto in gamba, si stava discutendo della partenza e della forma di impresa da creare. Sono italiani avrebbero voluto lavorare in Italia, al tavolo c’era un commercialista, non uno di quelli che si trovano sulle pagine gialle ma probabilmente il massimo esperto di questo specifico settore, giusto per dare un’idea con una sola delle sue parcelle io potrei campare con un anno intero e le sue competenze erano proporzionali al costo della consulenza.
A un certo punto della riunione si fa un punto della situazione, uno dei titolari riassume quello che ha capito sintetizzando al massimo e chiedendo conferma al commercialista: “quindi se facciamo così succede cosà e pagheremo x, giusto?”
Risposta del luminare: “dovrebbe“. Ecco, qui sta il punto: dovrebbe? Dico, stiamo scherzando? Nemmeno il massimo esperto del settore è in grado di garantire una risposta certa? Non stiamo parlando di medicina, certe cose dovrebbero essere una scienza esatta, come è possibile che nemmeno lui sia in grado di garantire una certezza? L’unica spiegazione è che il garbuglio di norme, circolari, leggi e leggine è tale che si è soggetti ad “interpretazione” e quindi a seconda della persona che ci si trova di fronte possono succedere cose diverse. Questo, secondo me, è inaccettabile. Uno dei pilastri di un paese che vuole definirsi civile è la certezza del diritto.

Secondo esempio, per la mia piccola, piccolissima impresa vado alla camera di commercio perchè ho un dubbio. Non stiamo parlando del significato della vita e non ho chiesto all’usciere (con tutto il rispetto per gli uscieri): ho preso appuntamento come da regolamento e mi sono presentato diligentemente aspettando il vaticinio da chi, anche in questo caso, doveva essere l’esperto dell’argomento. In estrema sintesi la risposta è stata “chieda al commercialista”.
E qui, sinceramente, mi son girate le balle così vorticosamente che se mi avessero immerso in una piscina avrei battuto qualche record mondiale di velocità, sfruttandole come eliche.
La mia impresa ogni anni deve pagare la camera di commercio. Deve, non è che può chiedere l’esenzione, non è un’associazione volontaria. Deve pagare una quota che dipende dal fatturato. Non è una tassa quindi si paga così, quindi anche se sono in perdita deve pagare, anche se ho un anno catastrofico devo pagare, anche se nessuno mi paga le fatture che ho fatto io devo pagare la camera di commercio. E qui sorge spontanea la domanda: perchè? Se non è una tassa perchè devo versare (obbligatoriamente) questa quota di iscrizione?
La camera di commercio dovrebbe tutelare le imprese. Ottimo. Tra le tante cose che fa raccoglie i bilanci di tutte le imprese, anche della mia. Il bilancio lo devo inviare in formato elettronico secondo una modalità ben precisa e devo contestualmente versare un’imposta di bollo (strike 2). Perchè? Perchè la camera di commercio raccoglie i bilanci di tutte le imprese italiane e li mette a disposizione di tutti, fisco compreso. Figo, quindi forse la camera di commercio offre un servizio, non male. Quando devo iscrivere la mia impresa da qualche parte (conto in banca, apertura nuova attività, e-commerce) devo chiedere una visura e pagarci un bollo (strike 3). Cominciano a girarmi le balle. Però forse un servizio lo offre: dato che hanno i bilanci di tutte le imprese se ho bisogno di qualche informazione su una ditta che mi chiede una dilazione di pagamento posso rivolgermi a loro no? Posso chiedere alla camera di commercio se sono affidabili, se il loro bilancio è in regola, posso chiederne una copia? Ovviamente sì, pagando (strike 4). Un capolavoro.

Veniamo ora ad un argomento doloroso: il nome di questo sito. Per il mio sfogatoio cercavo un nome che potesse simboleggiare le norme inutili e cervellotiche tipiche di una certa burocrazia e in quel momento mi è venuto in mente il maresciallo La Rocca.
Tanti fa, quando ero già diversamente giovane, ero un ufficiale di complemento e il memorabile sottufficiale mi stava spiegando la rava e la fava dei compiti del mio ufficio. Tra le varie cose c’erano circolari, fogli e ordini vari da sottoporre alla firma del comandante.
Se pensate che le forze armate siano tecnologicamente arretrate vi sbagliate di grosso: già alla fine degli anni ’90 tutto quello che veniva messo alla firma doveva essere scritto macchina. C’era qualche computer ma le macchine da scrivere erano sovrane.
Capitava di trovare errori di battitura o errori formali, di vario genere e questo poteva capitare prima o dopo la firma del comandante. In questo caso si doveva intervenire tecnologicamente: con una penna bic rossa. Bisogna usare la penna rossa per correggere l’errore e scrivere in fondo al foglio, sempre a mano e sempre con la penna rossa “si approvano le correzioni in rosso” e il comandante doveva firmare una seconda volta. In rosso.

Quando il maresciallo La Rocca ha finito di spiegarmi questa procedura devo aver spalancato gli occhi e la bocca così tanto che per un pelo non ho perso i bulbi oculari. Mi ha lanciato uno dei suo sguardi colmi di saggezza e ha detto: “lo so, lo. E’ una norma borbonica, l’abbiamo eredita direttamente dai borboni”.

Da allora ho iniziato a usare l’aggettivo “borbonico” (con la b minuscola) per tutti i casi di “mala burocrazia” e a chiamare genericamente borboni (sempre con la minuscola) tutti gli statali e parastatali che in modo più meno parassitario campano con queste cose e le alimentano .

Pare che la cosa faccia incazzare parecchia gente: ho ricevuto più commenti che spiegano quando sia stato migliore il Regno delle due Sicilie in confronto all’egemonia Sabauda che per tutti gli altri sfoghi messi insieme.

Chiariamo quindi un paio di cose: non c’è nessun intento classista, sessista, razzista o discriminatorio nella scelta del termine. Nelle mie vene scorre sangue al 100% napoletano. Sono cresciuto con le storielle che mio nonno mi raccontava su Franceschiello e ho scritto una pagina sui Borbone (con la e finale e la maiuscola iniziale) che poco hanno a che fare con il contenuto di questo sito. Avrei potuto chiamare il sito “sabaudi moderni”, “azzecca garbugli” o in tanti altri modi ma non volevo dare un dispiacere al maresciallo La Rocca.

In questo sito l’aggettivo “borbonico” è usato come descritto dal Sabatini Coletti:

2 fig. Reazionario, conservatore: mentalità b.; inefficiente, lento, con riferimento all’amministrazione del Regno di Napoli sotto i Borboni: burocrazia b.

Per estensione “i borboni” sono i burocrati parassitari che campano di inefficienze. Se la cosa vi offende mi dispiace, non era mia intenzione.

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